martedì 30 settembre 2014

Il tribunale dei bambini

Denise ©
"Ai ben pensanti che lo trovano immorale. A quelli che lo leggeranno sul giornale. Alle signore bocca larga e parrucchiere. Chi non mi lascia farlo in altre maniere. Io ho scelto esattamente tutto quel che sono, senza la scelta io la vita l'abbandono. Ho scelto tutto, tutto tranne il mio dolore. Lo ammazzo io e non c'è niente da capire" - Appino

Flop.

Una grandissima delusione.

La copertina accattivante.
L'interno, invece, niente di più e niente di meno di un libricino stampato e vuoto di contenuti.

Idea buona e anche relativamente innovativa ma niente di così impressionante.


Trama: Un anziano cronista di nera, bibliofilo e cultore di letteratura poliziesca: il Maestro; un attempato scrittore di libri gialli di scarsa fortuna: il Giallista. Entrambi appassionati di enigmi metropolitani, si incontrano nel retro semibuio di un bar in viale Monza a Milano per scambiarsi le proprie personali teorie sulla finzione e sull'arte dell'investigazione. E per tentare di far luce sul mistero di Mai-lù, la ragazzina indonesiana che va a servizio nel quartiere - dalla libraia, dal macellaio, e da chiunque abbia il buon cuore di prendersela - e che sembra aver stregato il Maestro. Chi è veramente quella figuretta silenziosa? È davvero una bambina? E qual è la sua storia? "La verità non è sempre in fondo a un pozzo " ama ripetere il Giallista. Solo che a volte sta troppo a galla ed è prudente celarla. Così, in un intrigante "gioco a nascondere", tra rivelazioni e carte che si rimescolano, tra improvvise scomparse e inconsuete apparizioni di bambini-fantasma - gli stessi che nel lontano 1944 morirono sotto le bombe che un B-24 dell'aviazione americana sganciò sulla scuola elementare di Gorla - si incastrano i pezzi di un'indagine sempre in bilico tra realtà e "imprudente invenzione", a esito della quale i bambini, eterne vittime della cieca violenza del mondo adulto, siedono come giudici in un Tribunale senza appello.

Utilizzare la tragedia della scuola di Gorla (unico fatto reale all'interno del racconto) non ha migliorato l'andazzo del libro. Se doveva essere il filo conduttore, se non addirittura la base di tutto il racconto, si poteva benissimo omettere. Irrilevante.
Noioso lo scambio  tra un fantomatico scrittore che invia il suo manoscritto a "rate", cercando di smuovere curiosità nel lettore/direttore. 
La mia voglia di leggere si era assopita a metà lettura.

Nota positiva: l'autore non nomina mai (o quasi mai) i due argomenti su cui gira tutta la favola (che non è quella Disney che finisce con un "felici e contenti") noir, ovvero l'abuso sui minori e il suicidio (due temi che personalmente mi stanno a cuore). Anzi, nel dare ai personaggi una posizione a riguardo, ne rimane in un qualche modo imparziale, pareri negativi e positivi si cedono il posto intrecciandosi. 

Ognuno è libero di pensarla come vuole. 
Io avrei un lungo discorso a riguardo che lascio cadere qua.

Il finale? Fin troppo banale e scontato.


Ferruccio Parazzoli mi ha deluso. Per la prima volta. 




Ma "la verità non sta sempre infondo ad un pozzo".




Voto: 4/5

mercoledì 27 agosto 2014

Bar sport.

Denise ©

C'è un bar.
C'è una piazza.
C'è un portico.
La pioggia.
Le luci dei lampioni riflesse sull'asfalto bagnato.
Un canale.
Io dentro al bar.
Anzi no. Io fuori dal bar.
Quel misto di caffè, sigarette, grappa e canfora, che ancora certi anziani usano, mi disgusta.
Ho un serio rigurgito per questo tipo di posti. Pub compresi. Lì l'odore di caffè, sigarette, alcool e litri su litri di profumo, neanche fossero le fabbriche di Channel n.5, mi stomaca ugualmente.
Me ne sto fuori, seduta sul bordo di uno dei ponticelli di Comacchio.
Guardo dentro.
Guardo in alto.
L'insegna dice. Bar sport.
La mia testa legge: Cazzo! Benni deve averlo scritto qua!

Neanche la vetrina della più lussuosa boutique poteva rifilarmi uno per uno tutti i personaggi del romanzo.

Compresa la Luisona. Era là. Nell'angolo del bancone, vicino al corridoio che inspiegabilmente dà in quel posto X buio che tutti i bar possiedono; in una vetrinetta per paste che, pressapoco, deve aver visto l'ultimo panno per la polvere che io ancora non ero nata. Magari intorno a quella vetrina hanno costruito il bar. Chissà.
Una reliquia. Me lo sento. Santa Anguillonia  di Bar Angulus (ok. L'immagine non rappresenta il concetto. E sinceramente fa un po' schifo anche a me pensare che un qualcosa contenente zuccheri cristallizzati e crema ormai tornata ad essere un pulcino possa essere associata ad un'anguilla; ma tant'è che siamo a Comacchio, quindi un po' di fantasia!).
In ogni caso, nessuno se la filava, salvo qualcuno accendersi una sigaretta come si accende una candela davanti all'altare. Inchino, bacio alla teca, rosario con santi in caduta libera e avanti il prossimo.

L'insegna funzionava uguale. Ad intermittenza. Quel bar poteva avere mille nomi a seconda dell'orario.
Potrei anche pensare: non male! Abbasso la monotonia! Ma per chi soffre di perdita di memoria, diciamolo, non è il massimo (sempre che non voglia scappare dalla moglie).

Le attrazioni, così classificate dallo scrittore, erano posizionate lungo una linea immaginaria, schierate come ad una parata: biliardi all'angolo tra una coltre di nebbia e luci soffuse neanche fossimo in una bisca clandestina (sottolineo che si trattava della specie del biliardo occupato, che io non ammiravo da tempo immemore, abituata alle gare in paese in cui giovani che oscillano tra i 40 e gli 80 anni sfoderano mosse che neanche il lancio del peso può sopportare. Troppa potenza rischia di uccidere lo spettatore semicomatoso sulla sedia posta diritta per dritta al lanciatore); flipper annata XXXX, con fantasia non ben definita e con contatore a orologio; anziani impegnati in partite millenarie di carte (qualsiasi gioco va bene, basta star lontano da casa. Anzi; basta star lontano da chi c'è in casa); barista in perenne lucidatura di bicchieri (anche quelli che non usa più, chissenefrega! Vale anche qua il concetto: "teniamo il salotto pulito, vedi mai che ci viene a trovare Qualcuno") e che guarda con occhio vitreo una tv a tubo catodico.
In successione: il pescatore di boero, il tecnico, il tuttofare, il professore, l'uomo con il cappello, un bambino spuntato come un fungo da sotto il bancone (data l'umidità comachiese tutto è possibile), la signora tirata a lustro come a Natale insieme all'amica e lui: il nonno da bar.
A dire il vero presenziava più di un nonnino.

Mi si è stretto il cuore.
A ogni: Kkkkkrrrrroooooaaaarrrrkkk (pre scattarrata).
No.
Mi si è stretto il cuore.
Ad ogni naso in su verso quella tv con immagini senz'audio.
Ad ogni sorriso sdentato e a quella bestemmia campata in aria.
Ad ogni occhio nascosto dietro ad occhiali troppo sporchi di ricordi e ditate di nipoti.
Ad ogni bicchiere vuoto pieno di amara consolazione.
Ad ogni portafoglio con una foto da portare vicino al cuore.
Ad ogni sonnellino sulla sedia più consumata del bar.
Ad ogni nonno da bar che non divide il tavolo con l'altro; che poi magari si conoscono, forse saltavano insieme i fossi per la lunga, ma che per screzi centenari e un senso di infondata e prolissa testardaggine l'unica cosa che condividono ancora è il silenzio e quel ritmo nervoso delle dita picchiettate sul tavolino.

A mio nonno che, da quella mattina, dal bar non vi è mai uscito.

10. Altro voto non posso dare se non un 10.

Chiudo l'ombrello.
Sposto lo sguardo.
C'è l'arcobaleno.


martedì 22 luglio 2014

Appunti sparsi di un cantastorie

Denise ©
"Quante volte ti sei chiesto se sei vivo o se sei un riflesso? A quale dei tuoi giorni bui daresti luce adesso? Le circostanze invecchiano assieme ai treni persi, ma non convince mai l'idea di essere diversi" - L'invasione degli omini verdi

Chi lo dice che solo i libri famosi possono emozionare i lettori? Chi lo dice che solo le storie melense scaldano il cuore?
Personalmente mi sono sempre discostata da questa idea. Famoso non vuol dire per forza bello.
E con i tempi che corrono la mia posizione si è fissata per bene nella sua idea poiché nel "palinsesto" letterario che ci propinano in questi anni, la scrematura tra famoso (e allora sarai il top) e il non famoso (ultimo scaffale della libreria) si è fatta alquanto serrata.

In ogni caso, anche questa volta vi propongo quel qualcosa che scavalca a piè pari il mercato e la mera lettura di moda.

Niente amori tra nature soprannaturali. Niente romanzetti Harmony vietati ai minori. Niente strafighi da paura che uccidono bellocce da copertina e niente libri da Emo incalliti.

Una vita.
Ecco cosa avrete davanti.
Una vita in cui rifugiarvi, inciampare e medicarvi le sbucciature.
Una vita che scorre su pagine taglienti e che per ogni capitolo, in dotazione, allega un piccolo coltellino e un cerotto pronto per rimediare i piccoli tagli.
È un po' come farsi male e curarsi nello stesso istante con gli stessi medesimi oggetti.

Alcuni ci si specchieranno, altri ne rovisteranno il contenuto e qualcun'altro ci sputerà sopra. Ed è forse questo che lo rende unico per quello che è. Niente faide tra haters e fan. Solo la curiosità di andare oltre i confini della propria vita e magari rubarne un po' in quella che leggerete.
Una vita non si giudica. Potete (forse) giudicare lo stile narrativo, ma non scelte, pensieri e sentimenti di una persona.

Davanti avrete una vita che si racconta con tutto l'inchiostro che scorre in vena.
C'è chi urla al cielo e gli basta avere in risposta una stella, c'è chi abbatte un albero per avere in risposta un boato alla fine della caduta e chi semplicemente, ma non con meno forza, rigurgita ogni emozione o pensiero scrivendo, avendo in risposta altri fogli da riempire e un urlo reso visibile ma non udibile.

Quest'ultima scelta sarà giusta? Farà meno danni? Io posso immaginarlo, ma di certo non vi obbligo a capirla. Il rifugiarsi tra i fogli ci rende quaderni vulnerabili al vento. Basta una lieve brezza per scatenare un uragano.

E questo libro è uragano allo stato puro. Diretto, crudo, pochi fronzoli, intimo. Vi sentirete come spettatori nascosti in penombra per paura di essere scoperti. Raccoglierete a pieni polmoni la salsedine intrigata nelle lettere e il sapore ferroso di sangue perso tra le pagine contaminate di emozioni. Avrete paura di chiuderlo per il timore di ferirlo.

Una pallonata in pieno viso.
Una crisi bulimica di parole divorate a piene mani fino a sporcarsi tutto il viso.
Un Déjà vu di situazioni o semplicemente ficcanaso di fatti altrui.

A voi scegliere se essere lettori o paparazzi.

Vi ritroverete con il cuore un po' più forte anche se scosso. Le spalle un po' più robuste anche se deboli. Occhi umidi e un sorriso nascosto.

Per questo libricino non darò voti.

Come ho detto, una vita non si giudica.


martedì 27 maggio 2014

La ragazza dei fiori morti

Denise ©
Buona sera a tutti.

Dopo un periodo di assenza, rieccomi a parlarvi di un libro di un'autrice straniera, che è stato paragonato ad Amabili resti di Alice Sebold.

Posso infatti confermare che la storia presente in questo romanzo, viaggia di pari passo al racconto della Sebold ma con un punto di vista/narratore uguale e contrario. Non è infatti la "vittima" a parlare, ma qualcuno molto vicino alla figura.

Scrittura fresca e spontanea, Amy Mackinnon si è dimostrata all'altezza della situazione, esordendo con il suo primo romanzo in modo esplosivo.

La storia non è mai monotona e pesante, e la voglia di arrivare a scoprire la verità (anche se a metà del libro, si comincia a capire chiaramente chi è il colpevole) è impellente. 


Su Mangialibri la trama: "Clara lavora in un'impresa di pompe funebri, prepara i corpi dei defunti per la loro ultima apparizione, quella in cui daranno l'addio definitivo al mondo. Vive sola, tormentata da un passato di cui è prigioniera e che la rende inaccessibile a tutto e a tutti. Chiusa nel suo laboratorio sotterraneo, seguendo sempre lo stesso rituale, cura amorevolmente sconosciuti a cui cerca di ridare l'aspetto che avevano in vita e regala loro un letto di fiori sempre diverso e sempre rappresentativo di ciò che ognuno di loro è stato durante la sua esistenza. Perché i fiori sono uno dei pochissimi conforti di Clara : li conosce ad uno ad uno, ne può descrivere il profumo ed il colore, può dirne il significato. Li ama e li coltiva, come se fossero esseri viventi, gli unici con cui riesca a comunicare. Finché non arriva Trecie, una bambina strana e taciturna, con un terribile segreto ed una straordinaria somiglianza con la bambina maltrattata che Clara è stata. Una madre morta troppo presto ed una nonna che ha saputo soltanto infliggerle punizioni e non le ha mai fatto una carezza, la fanno assomigliare troppo alla bimba fragile e triste che le appare davanti nei momenti e nei luoghi più improbabili. Il muro di diffidenza e di paura che Clara ha costruito intorno a sè e che la rende invisibile agli altri comincia a vacillare, anche sotto i colpi delle domande di Mike, un poliziotto che segue il caso dell'omicidio di una bambina avvenuto tre anni prima e che è convinto che lei sappia molto più di quello che vuol far credere".

Non voglio dirvi troppo. Dovete leggerlo.

Voto: 7,5

giovedì 15 maggio 2014

Aspettando che mi gridi una poesia

Denise ©
Aspettando che.
Aspettando che mi gridi.
Aspettando che mi gridi una poesia.

Oggi voglio farvi conoscere un piccolissimo volumetto, che racchiude la voce di cento autori, più o meno bravi, più o meno conosciuti, più o meno di nicchia. E fra i quali figuro anch'io.

Non amo particolarmente la poesia, ma essendo comunque una forma d'arte perché non abbracciarla, anche solo per un breve ticchettio?

E poco importa se non è presente nelle librerie, sopra scaffali liberi dalla polvere ma pieni di copertine variopinte, pronte a catturare Lo Sguardo ed  accaparrarsi la posizione ottimale sul comodino del lettore, colpito mortalmente da quello specchietto delle allodole (tu mi compri e io ti disfo! Forse sarò un best seller da far incazzare anche le formiche nel loro piccolo; ma ora mi hai acquistato e mi leggerai!).

E allora pensi, che quelli che realmente valgono (chi più chi meno) siano quelli nascosti nell'ultima libreria dimenticata in periferia. Quella che la polvere si guarda bene nel coprire ogni millimetro di superficie calpestabile e non; con quei volumi dimenticati nell'ultimo ripiano in basso, all'altezza dei ricci.
Oppure, quelli che valgono veramente, sono quei libri che circolano nell'immensa rete Internet, magari pubblicati da una piccola casa editrice online sistemata ai confini di questo mare di parole, alle volte inutili e alle volte piene di pomposità superflua, come le cozze attaccate agli scogli.

Chissà...

Detto questo, la raccolta di poesie forse non sarà il massimo dell'estetica editoriale, magari faranno anche capolino degli errori di battitura, però in mezzo a tutta questa paella di parole potreste trovare quelle che vi sono più vicine, o che vi raccontino, o che vi sazino.

Smangiucchiatene qualche pagina e poi raccontatene il sapore.

Le mie sanno di cioccolato.

Voto: 6

mercoledì 7 maggio 2014

Biscotti al malto Fiore per un mondo migliore

Buonasera!
Scusate l'assenza, ma la vita in queste settimane è corsa frenetica, senza togliermi la lettura.

Denise ©
Questa volta voglio parlarvi di un libro che ho comprato al chilo. Si avete capito bene: a peso. E non ci trovo niente di male se tutto ciò induce gente a comprare e farsi una cultura di sane parole, allontanandosi dalla monotonia televisiva ed artificiale. La vita scorre meglio su parole stampate che su onde radio. E nel momento che leggete non scorre solo una vita, ma molteplici: la vostra da lettore, quella del personaggio, la vostra intrecciata al personaggio, quella che vi circonda.

Che dire, Biscotti al malto Fiore per un mondo migliore è un carinissimo libro che non ha tante pretese, scorrevole, un po' contaminato dallo stile "Baricchiano" (la scrittrice ha frequentato la scuola Holden, ed è forse da qua che proviene quella piccola sfumatura che io, lettrice di Baricco, ho notato).

Per quanto sia un romanzo alla mano, tratta argomenti e situazioni che tutti abbiamo passato nel bene e nel male: la vita capovolta dal primo giorno di scuola e che, a passi ben distesi, ha sconvolto le nostre testoline fanciullesche piene di giochi e filastrocche full time, come una libellula in balia di un tornado.

L'amichetta del cuore, la nemica del cuore, la morte, il primo amore platonico, i primi argomenti tabù, la crescita in tutta la sua prorompete violenza. 

Siamo stati (più o meno) tutti come Leda, la protagonista. 
Siamo stati (più o meno) tutti come la sua famiglia.
Siamo stati (più o meno) tutti come la sua amica del cuore.
Siamo stati (più o meno) tutti come la sua nemica preferita.
Siamo stati (più o meno) tutti bambini stretti da regole che ancora non conoscevamo.

Siamo stati tutti bambini.

Voto 7

Didi

venerdì 18 aprile 2014

Erminiaaa!!! L'inferno di (ba)Dante

Denise ©
E rieccoci qua!

Questa volta voglio proporvi, e perchè no, farvi scoprire un piccolo libricino, diverso dai generi odierni e forse anche lontano dai miei gusti "letterari", che però è arrivato giusto giusto in un momento a caduta libera del mio Io.

Ma prima voglio stilarvi un elenco di punti chiave per confermarvi che: Si! Sbirciatelo, o almeno fategli una carezzina sulla copertina, anche perché non morde, non sporca, potrebbe scodinzolarvi attorno come un amico fedele, ed in più potrebbe essere un ottimo vaccino a fronte di quella brutta influenza stagionale, altamente contagiosa che è il "brioncius tristorum".

  • È corto (e non lo metto come punto a sfavore, anzi, potrebbe invogliare quelli allergici alle parole inchiostrare a sfogliare qualcosa di bello; oppure per i bulimici di libri (dei quali occupo anch'io la mia umile porzione) potrebbe essere un buon compagno di merenda);
  • Solletica il palato (la risata è ottima per la salute lo sapevate?);
  • Fa riflettere (niente si ferma alle apparenze o alle parole lette su lenzuoli di carta);
  • Autore e coautore dovete imparare a conoscerli, anche solo di sbieco, per capire quanto le parole siano prepotenti in questo "manuale di vita vissuta" a fianco di...

Ecco, dopo aver puntualizzato un pochino, posso confermare quanto detto sopra.

Non fermatevi alle apparenze, vedrete che rispecchierà grottescamente la realtà più di quanto pensavate (chi non ha un nonnino un po' sordo al proprio fianco, o una nonnina, che a confronto un escapologo, in fatto di situazioni estreme, sarebbe alle prime armi?). Piccoli racconti costituiti da diversi "amici d'annata", quelli che ti insegnano come stare al mondo. Quei fantastici libri aperti, dai bordi un po' rovinati, che hanno quella forza di continuare a sfogliarsi, reggendosi sulle dita di persone che gli stanno a fianco con tutto il cuore e l'anima di gentili sconosciuti.

Sapete cosa ho notato però, navigando tra i diversi commenti sparsi per il web o sentiti in giro? Che c'è un piccolo paragrafo che, in diversi modi, ha toccato un po' tutti, con tutte quelle sfumature di pensieri e sensazioni che ognuno puo' percepire. Come se fossimo all'interno di una scatolina, immersi in quel groviglio di chiodi che un ferramenta troppo disordinato si è dimenticato di risistemare.

Ma forse la gente si sente veramente così, come un piccolo ferro portante indebolito dal peso di quel qualcosa (la vita? Gli occhi che ti guardano come specchi di te stesso?) che gli si aggrappa addosso con violenza.

Ho voluto risfogliare ultimamente questo libro, perché quella parentesi del "chiodo" un po' si è aperta e un po' si è richiusa con un bel lucchetto nuovo di zecca (sul mio blog personale trovate un riferimento all'argomento: Battiscopa troppo stretti. Gli ospedali. ), come una rosa a fine maggio.

In ogni caso, quello che troverete all'interno è un mondo alla Alice in Wonderland, dove i "pazienti" sono tanti piccole Alice che inseguono quel Bianconiglio troppo veloce per loro, ma senza demordere. Dove chi li accudisce è un Cappellaio Matto (e vi assicuro che è matto forte!) che però ha un cuore grande come il suo sorriso contagioso (e vi assicuro che più osservo quel mondo, che puo' essere un ospedale, o una casa di cura, più mi accorgo che c'è gente, esiste gente, che ha quella forza non presente in tutti. E che stimo con tutta me stessa). Dove uno Stragatto appare di tanto in tanto, e la Regina di Cuori è sempre pronta dietro l'angolo per vincere la sua partita.

Calendari. Tempo.
Rose. Vita.
Chiodi. Forza.

Ecco cosa c'è in quelle pagine. Vite vissute accanto a persone che, la fantasia e la voglia di respirare a pieni polmoni ogni pulviscolo di amore, non l'hanno mai ceduta a nessuno. 

Voto 8.

Didi